“Te propi ‘n sansusì!” Una delle espressioni preferite del barba (zio) del Tabui, quando il Tabui combinava una marachella oppure ‘l barba a l’ava al bali ‘n giostra…
Traduzione letterale (con tanto di derivazione colta, dal francese “sans souci”): senza preoccupazioni, spensierato, tranquillo, beatamente sereno. Per estensione (p.e.), e più colloquiale: demente, deficiente, idiota, incapace.
Il dialetto piemontese è pieno, come ogni altra lingua del resto, di espressioni a dir poco colorite. Ed ecco che riaffiorano ricordi di insulti benevoli (e non poi così tanto benevoli…) che il barba soleva elargire quando perdeva la pazienza o era in qualche modo contrariato. Ce ne vengono in mente alcuni, tra cui: scapa-da-cà (lett che scappa di casa, p.e. deficiente disperato), badòla (stupido, fannullone), babàciu (lett pupazzo, p.e. stupido, deficiente), tardòc (ritardato, deficiente), tarlùc (ignorante, deficiente), zunclùn (deficiente), betè (ebete, deficiente), ciàpa-rat (lett acchiappa-topi, p.e. incapace, deficiente), tutu (deficiente), perdabàli (lett perdaballe, p.e. persona poco seria, deficiente), tabalëuri (lett suonatore di timpani, p.e. scemo, poco sveglio, deficiente), cutu (da “cutulengu” ovvero Cottolengo, p.e. scemo, deficiente), burìc (lett asino, p.e. deficiente), gnurànt c’me ‘n sebbri (lett ignorante come un mastello, p.e. deficiente), falabràc (inetto), tublàn (sempliciotto, deficiente), turututèla (lett girovago cantastorie, p.e. squinternato, fanfarone, deficiente)…
Insomma, ma in quanti modi si può dare del deficiente ad un piemontese! 😊
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